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25 ott 2002

Madonna di Pollino


L'ultima volta che andai alla Festa della Madonna del Pollino era il 1983: ricordo che in macchina ascoltai l'ultima opera dei Police "Synchronicity" appena uscito e coincidenza stamattina alla radio danno "every breath you take", brano dello stesso LP.


Da allora motivi di studio e lavoro mi hanno portato lontano da questa terra e dalle sue tradizioni.Ricordo anche però la prima volta che ci andai. Erano gli anni settanta, e come sempre era il primo fine settimana di Luglio. Allora non mi fece impressione, anzi mi sembrò fantasticamente normale, che sulle vette del Pollino e della Serra del Prete ci fossero ancora chiazze di neve che contrastavano con il verde della Primavera ormai finita.
Per me oggi è inevitabile fare confronti con quello che riuscivo a percepire con gli occhi di ragazzo e quello che percepisco oggi.
Non saprei dire se la gente ha lo stesso trascinamento per la fede di allora.
Infatti già in quegli anni si manifestava una certa "moda" della scampagnata in montagna che si sovrapponeva al pellegrinaggio vero e proprio.

Quello che sicuramente non percepivo da ragazzo erano le ragioni per cui un fedele proveniente da Rotondella, Policoro, Castrovillari, Villapiana o Rotonda si inerpicasse fino quassù per venerare una statua.Ma in chiesa guardando i volti della gente al cospetto della statua, a volte piangenti, si percepisce quel bisogno di protezione e sostegno che solo ad una entità soprannaturale si può chiedere.
Probabilmente per molti la Madonna è una sorta di supersorella, superamica, supermamma a cui confidare l'inconfidabile, confessare i segreti più profondi, cercare conforto per le tragedie personali.Ma questo non è sempre vero. Lo si vede nella gioia con cui alcune persone si impegnano a cantare canzoni di ingenua "simpatia" alla Madonna o nello zelante impegno dei zampognari, calabresi e lucani, che tentano di intonare una nenia prima di essere azzittati dal sacrestano.
E che dire della Processione? Ognuno partecipa a suo modo: c'è chi prega, chi canta, chi balla la tarantella, chi suona, chi offre da mangiare e chi porta la statua. Altrove questa promiscua esplosione di espressione religiosa verrebbe contrastata e inibita.
Un sessantenne signore di Sanseverino mi racconta alcuni aneddoti della sua giovinezza alla festa e mi resta impresso il "ragliare contemporaneo di centinaia di asini".
Proprio come dice Norman Douglas in "Old Calabria": "duemila persone si accampano intorno alla cappella, con un enorme esercito di muli e asini, i cui ragli si mischiano alle musiche pastorali delle zampogne…"
Oggi gli accampamenti non sono più di baracche in verdi frasche di faggio, ma di tecnicissime tende blu, e gli asini sono stati sostituiti dalle auto.
Questo si traduce in una festa più "frettolosa". C'è chi arriva e va via in giornata. Con l'asino e a piedi questo non succedeva: la festa era più meditata, più vissuta e forse anche la "devozione" era maggiore, considerando i sacrifici richiesti per raggiungere il Santuario.
Ho scoperto che la gente si avvicina alla statua della Madonna spesso con un fazzoletto e pratica un gesto che sembra di spolvero. Pare che in questo modo il fazzoletto porti con se un potere taumaturgico evidentemente attribuito alla Madonna.
Ma ho visto anche gente strofinare sulla statua oggetti di vario tipo e addirittura un cellulare. Il gesto è del tutto comprensibile, se si considera che questo nuovissimo strumento di comunicazione ci tiene in contatto con il mondo, con i parenti più stretti e lontani, con la ragazza o il ragazzo, e attraverso di esso passano tutte le ansie, le aspettative, le belle e le brutte notizie.
Il Santuario si presenta semplice e spoglio di ornamenti. Non si usano più e sono scomparsi gli ex-voto in cera raffiguranti parti anatomiche del corpo guarite, per intercessione della Madonna: una forma antichissima di venerazione risalente secondo N. Douglas al Neolitico. Se ne può vedere ancora qualcuno nella Cappella del Purgatorio a Laino Borgo.
La festa termina con la Domenica. Il Santuario che ne custodisce la Statua resta aperto tutti i giorni fino a Settembre quando la statua verrà riportata a Sanseverino.
Ma il giorno dopo l'area dove si sono accampati i fedeli sembra un campo di battaglia: spazzatura di tutti i generi ricoprono il prato o sono malamente raccolti e nascosti tra i cespugli.
Bisognerebbe organizzare un sistema di vigilanza e raccolta dei rifiuti serio. Capitare al Santuario in quelle condizioni è uno spettacolo che non fa onore ad una località mistica e paesaggisticamente di valore inserita in un Parco Nazionale. Aggiungi a questo il degrado dei fabbricati come il Rifugio e gli altri vicini: non è proprio una bella cartolina.
Un qualsiasi visitatore che capitasse lì nei giorni successivi si farebbe un'idea negativa della festa e dei partecipanti. Meglio non lasciare tracce per conservare la magia nascosta nei canti, nei balli, nelle libagioni e nelle orazioni.
Tutte le autorità si dovrebbero impegnare nella cura di questa località, i sacerdoti, in primis, per l'evidente autorità morale che hanno sui fedeli.



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