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11 apr 2004

La Pita di Alessandria del Carretto (CS)

Ultima domenica di Aprile, giorno di pioggia, di quelli che non si dimenticano mai. Percorro una strada che procede in salita: praticamente una scia di fango scivoloso circondato da dense nubi che annebbiano anche la mia capacità di immaginare il paesaggio che mi circonda.
Nella piazza del paese incontro quattro “forestieri” venuti da Roma, attratti da questo rito, che neanche lontanamente immaginavano quanto potesse essere disagevole arrivare sin qua. Una di loro francese: lei con la voglia di conoscere le musiche delle zampogne ha trascinato tutti gli altri.
Continuiamo a camminare nella nebbia senza sapere neanche cosa ci aspetta lassù, quasi in cima al Timpone delle Neviera. Nel frattempo incontriamo gente che si è organizzata, anche sotto la pioggia, per un pasto frugale ma abbondante. Il pane tagliato in grosse fette accompagna soffritti, melanzane a scapece, salami e formaggi di una bontà indimenticabile. Il vino non manca, ottimo, è il migliore anestetico per non sentire l’acqua della pioggia che ti entra dappertutto. All’improvviso, urla fortissime e suoni di organetto fendono la nebbia. Si sente un inedito strano rumore ed ecco che ti appare davanti dal nulla la “cimahe” e la “pita”.
La cimahe è un giovane abete tagliato e trasportato a spalle con tutta la chioma. La Pita invece è un grosso abete, sfrondato e pulito, spinto sul fango dalla forza di decine di uomini urlanti. Gli uomini fanno forza su delle leve, “tire”, poste perpendicolarmente al tronco di abete, ed agganciate con le “torte” (corde di legno) ad anelli di ferro inchiodati sul tronco.
Si continua in questo modo per tutta la giornata con pause intervallate da soste dedicate al consumo di vivande, di vino, alla buona conversazione e alla danza al suono di organetto, zampogne, totarelle e tamburelli. La pioggia insiste, ma i pitaioli non demordono.
L’arrivo in paese prima di sera è un tripudio generale di chi ha scalato la montagna, faticato per condurre la Pita, ma anche di chi ogni anno l’aspetta in paese.
La prossima domenica ci si ritroverà per maritare i due alberi…